Raffinata e intensa, sospesa tra visioni incantate di natura ed improvvise fughe di fantastico, Maria Dipalma celebra nella luce e nel colore le polarita’ ineludibili del suo fare pittura.Impaginazione e composizione non soffrono schemi predefiniti e serialita’ ripetitive,passano,senza cadute o pause stancanti,da una tensione lirica ad accensioni nervose e gestuali,da
cromie forti ed aggressive a intime tonalita’ ambragite, delicate percorse da ombre e da profondita’ incupite e notturne. Per concludersi in echi morandiani di bianchi straniti a creare leggerezze e luminosita’ improvvise.
Non esiste nell’artista barlettana una ortodossia figurativa stretta e invalicabile ma si accentua una liberta’ ed una propensione al divenire del quadro che vive delle improvvise accelerazioni dei colori come momento creativo e conclusivo dell’opera . La sua diversita’, rispetto alla semplice e calligrafica riproposizione dell’oggetto o del paesaggio, e’ nella
sedimentazione progressiva dei volumi,nella poesia del non finito,nello sfaldarsi dolce dei contorni,nell’apparente disordine e casualita’ delle sequenze pittoriche.
Senza dimenticare il tratto nervoso del segno e del disegno,il vuoto di colore deliberatamente lasciato alla sua naturalita’,l’uso del collage e di desuete contrapposizioni tecniche che accentuano discontinuita’ e originalita’, alterando in positivo la calibrata spregiudicatezza e l’abbandono,ormai totale,di certo purismo figurativo meridionale.
Si accentua questa considerazione nei rilevamenti delle ampie scansie,libere e mai perimetrate,che fanno da fondale ai primi piani di fiori,frutti ed esiti fossili.In queste situazioni la Dipalma esalta anche un suo essere vicina ad intriganti purezze,contaminazioni,scritture informali dove segno,colore e materia divengono dominanti e non succedanei all’oggetto
dipinto che allenta la sua riconoscibilita’ per divenire nuova epifania ed allegoria del fare pittura.
Di impianto espressivo bruscamente distante nasce, invece, l’immaginario che segna profondamente l’appartenenza dell’artista al divenire della realta’, all’essere comunque presente, al di la’ dell’impeto lirico e poetico, ai fatti ed alla narrazione del suo mondo fantastico, al suo vissuto,al suo stare nel tempo e nella vita. L’accatastarsi caotico di architetture e di paesaggio attesta uno chagalliano vivere di sentimenti,di radici mai dimenticate,di storie e sogni della sua terra,di liberta’ incontrollate ed incontrollabili che i cavalli liberi e vaganti nei cieli
portano a sintesi di rappresentazione e di racconto.In queste opere l’artista si libera di se’ stessa ,cuce pagine di diario e di urgente attualita’,ritrova il quotidiano,dichiara la sua appartenenza alla contemporaneita’ anche se,da artista,sceglie il mondo della poesia e delle sue intimita’ claustrali lontane dai clamori e dalle solitudini dell’oggi. Nelle stanze della memoria torna , cosi’, sistematicamente l’urgenza di essere nel suo tempo con un codice di identificazione che non determini la sua arte come fuga,paradiso perduto o peggio ancora rifiuto dell’esterno incombente.
Appare allora quasi come una pulsione metafisica il succedersi di monumenti storici,cattedrali,campanili sospesi tra cielo e terra ma profondamente radicati sui crinali delle colline percorse da onde di fiori e di colori,dalle modulazioni tonali di campi di grano maturo,quasi a sfogliare – lo scrive lei stessa in un titolo – “una pagina dopo l’altra tra sogno e realta’ ”.
Diplomata al Liceo Artistico ed alla Accademia di Belle Arti di Bari, la Di Palma e’ attualmente docente di Arte e Immagine e Storia dell’Arte.
Non si puo’ non affermare come questo importante background culturale e militanza attiva della docenza abbia un suo risvolto determinante sul piano della tecnica,della scrittura formale e compositiva della pittrice dove resta centrale l’approccio al naturale inteso come momento in cui la carnalita’ del colore e’ distonica dalla contemplazione, dove vale – e lo si
puo’ ribadire anche in questa occasione – quella cultura post figurativa che si dimentica per strada una rinuncia alla letteralita’ del significato : un raccontare che serve all’artista ad orchestrare la sua tensione verso un possibile postulato della verita’ poetica ed intuitiva della pittura. In questo insieme di luci-spazio raffinate,evocative, fatte di segrete e
remote suggestioni che catalizzano sempre nuove chimiche del rapporto percettivo e narrativo, Maria inserisce,oggi,la sua ultima stagione dei “ritratti” dove le vibrazioni inquiete del colore accentano ed accentuano il media fotografico quasi in un processo mimetico del reale. Sono opere che confermano la sua naturale predisposizione e vocazione a coinvolgimenti creativi tra “arte” e nuovi progetti di immagine che si traducono – lo scrivevo per “L’Immagine Liberata” al Castello Svevo,qui a Barletta – in manipolata riproduzione della realta’ esterna,in
metalinguaggio visivo,in metamorfosi della percezione.Siamo ancora una volta al limite di quella finzione naturalista assolutamente contemporanea che vive di una sua autonomia dal reale
che la produce e dove la materia viva dell’anima e del racconto trova nuove compressioni nella materia viva del colore. E ancora una volta si puo’ ribadire come – in tempi di arte
cibernetica,multimediale,virtuale,digitale,interattiva,in tempi in cui le arti visive sposano sempre più spesso le nuove tecnologie – appaia incredibile e resti forte, imprescindibile,pervicace il rapporto artista-natura fatto di colore e pennelli,di emozioni e di poesia,di paesaggi perduti e ritrovati,di estenuanti silenzi. Alcuni parlano di fuga verso eden
improbabili,altri di viaggio sentimentale alla ricerca di un tempo indubbiamente perduto,altri ancora di inesauribile istinto di sopravvivenza. Resta il fatto che la polarità di fondo del naturale come elemento scatenante,come cartina di tornasole del fare arte non accenna ad esaurirsi anzi segnala oggi sintomi e premesse di un esaltante ritorno di
questi artisti senza tempo . Di artisti come Maria Dipalma.
Valerio Grimaldi
Bologna , 2 giugno 2006